Guerra alle donne by Michela Ponzani

Guerra alle donne by Michela Ponzani

autore:Michela Ponzani [Ponzani, Michela]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2021-03-26T12:00:00+00:00


Quanto accaduto alla testimone è solo una minima parte degli episodi di violenza commessi dai militi di Sani, che in quella notte effettueranno molte altre perquisizioni alla ricerca dei nascondigli dei ribelli. La banda di Sani si è del resto già distinta per altri episodi di violenza nei mesi precedenti, come dimostreranno le numerose denunce inviate al procuratore generale del Regno nel dopoguerra. Il 23 settembre 1944, durante un pattugliamento nella frazione Fiorentina di Medicina, gli uomini di Sani hanno assassinato un giovane di 23 anni, figlio di un pastore della zona, datosi alla fuga per non essere catturato. «Gli spararono addosso ferendolo a un braccio» e dopo averlo raggiunto «lo presero e lo depredarono del portafogli […] e un orologio», per poi finirlo: «lo colpirono con le stesse armi e con colpi di pugnale […] gli stessi militi, presente il Sani, pur vedendo il figlio in fin di vita, selvaggiamente e con grandi sevizie continuarono i loro atti di violenza contro il figlio spaccandole la testa e rendendo infine irriconoscibile perché dilaniato in varie parti del corpo»23. Si tratta di testimonianze straordinariamente affini alle dichiarazioni rese in sede dibattimentale durante i primi processi celebrati dinnanzi alle Corti d’assise straordinarie per «collaborazionismo»; parole che emergono dalle fredde carte processuali e che rinviano, inesorabilmente, a delineare un quadro di desolazione e di crudeltà umana che è forse l’elemento piú marcato dell’escalation della violenza portata dalla guerra civile.

Le milizie fasciste mostrano d’avere una certa autonomia decisionale nell’uso del terrore, specie in alcune zone dell’Emilia-Romagna, luoghi di origine dello squadrismo agrario, dove il fascismo fin agli anni Venti è stato vissuto dalle popolazioni contadine soprattutto come reazione padronale della borghesia agraria. È in queste zone, infatti, che la lotta partigiana «sembra innestarsi sul retroterra costituito dai corpi delle donne che si sdraiano davanti alle guardie regie, dal ricordo degli scioperi nelle campagne, dalla figura di qualche nonna anarchica che non voterà per protesta»24. Ed è questo retaggio che il fascismo tenta di sradicare mettendo in atto pratiche violente tese non tanto a stroncare il legame resistenti/ribelli e popolazioni civili, secondo la strategia militare attuata dall’esercito tedesco, ma a contestare l’esistenza stessa di opinioni politiche che minacciano di ostacolare la propaganda della Rsi, ispirata ai temi della rinascita dalla sconfitta del 25 luglio ’43.

Da questo punto di vista, i fascicoli processuali relativi alla revisione dei giudizi di condanna pronunciati nel dopoguerra dalla Corte d’assise straordinaria di Bologna e di altre province dell’Emilia-Romagna costituiscono una fonte straordinariamente precisa per ricostruire il quadro delle pratiche politiche di violenza messe in atto dai fascisti per il controllo militare del territorio. È quanto emerge dalla lettura degli atti relativi al processo contro i membri dell’Ufficio politico investigativo della Gnr di Reggio Emilia, con sede in Villa Cucchi, celebrato dinnanzi alla Cas di Bologna dopo il rinvio a giudizio. Tra gli imputati uno degli alti graduati della Gnr, il capitano Alessandro Rocco, condannato nel luglio 1947.

Il processo destò molto scalpore nell’opinione pubblica del tempo a causa delle testimonianze delle



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